Le tante dicerie sul dobermann

I luoghi comuni, le dicerie, imperversano pure in quello che riguarda i nostri fedeli amici a quattro zampe. Stavolta parliamo della razza dobermann.

Tale razza, una delle più famose al mondo, nacque fra il 1850 ed il 1870 ad Apolda, nell’attuale Turingia, in Germania, per volere di Federico Luigi Dobermann, esattore di imposte, che desiderava per sé un cane da difesa diverso da quelli già esistenti. La razza dobermann venne formalmente riconosciuta nel 1898.

Ai nostri giorni viene adoperato da molte associazioni di pubblica utilità come cane da ricerca e soccorso, oppure da ricerca di stupefacenti ed esplosivi. Tuttavia, in tanti desiderano prenderlo semplicemente come nuovo membro della famiglia.

Su questa razza si sono abbattute leggende, falsità, stupide dicerie, una su tutte quella secondo cui questi cani sembrerebbero essere destinati ad impazzire al compimento dei 7 anni d’età per il restringimento della scatola cranica. Oggi, per fortuna, tali assurdità hanno meno presa e in tanti possono, fortunatamente, notare il suo carattere pacifico e socievole. Inoltre è affettuoso, curioso, vigile e molto attaccato al suo padrone. È comunque classificato come cane da difesa, ma presenta un ottimo livello di addestrabilità. Egli necessita di un costante contatto con il suo padrone e dimostra grande premura ed attenzione nei confronti dei bambini.
Al dobermann, come ad altre razze di cane, la tradizione cinofila richiedeva che venissero amputate le orecchie, in maniera tale che restassero erette ed a punta, e la coda, che veniva tagliata alla seconda vertebra. Perché queste pratiche? C’è il fattore estetico, infatti il cane prenderebbe così un’aria più aggressiva, ma anche quello funzionale, perché verrebbero eliminati i punti che potrebbero essere usati per fermarlo. Il dobermann tuttavia, non è soggetto più spesso ad otiti come alcuni ritengono, e la coda integra difficilmente si può rompere, in quanto è spessa e ben protetta dal pelo. Quindi, anche qui ci troviamo di fronte a questioni al limite dell’assurdo, ma destinate, si spera, a scomparire.

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